Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende essere il naturale completamento e raccordo della legge 21 dicembre 1999, n. 508, che infatti all'articolo 2, comma 8, lettera d), fa riferimento a future specifiche norme per il riordino del settore degli studi musicali.
      L'accresciuta richiesta dell'utenza di fruizione della musica, non come cultura, ma quale professione specifica, pone l'urgenza di inquadrare più organicamente, in un contesto ordinamentale generale, gli studi musicali e coreutici in maniera tale da assicurare una formazione che, mentre concorre alla realizzazione del progetto educativo e metodologico-didattico complessivo del segmento di istruzione nel quale è collocato, assicuri anche un seguito funzionale di accesso agli studi musicali e coreutici di livello superiori (Istituzioni di alta cultura: Conservatori di musica-Accademica nazionale di danza). Va sottolineata l'urgenza del presente provvedimento poiché gli studi artistici sono di esclusiva pertinenza di canali formativi specifici e settoriali che non possono assicurare una cultura generale, tale da consentire all'utenza anche il proseguimento verso altri indirizzi di studi superiori che non siano di stampo artistico.
      Analogo obiettivo di contenimento di spese persegue il comma 2 dell'articolo 1 della presente proposta di legge che, a costo zero, concorre a distribuire su tutto il territorio gli studi inferiori di musica.
      Inoltre, nel prevedere all'articolo 1 particolare riguardo nell'attivazione di corsi musicali e coreutici all'interno di istituti d'arte e licei artistici, si vuole raggiungere il preciso obiettivo di potenziare detti istituti artistici, che a causa del dimensionamento

 

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previsto e attivato nelle scuole di ogni ordine e grado, compresi per l'appunto i citati istituti artistici ha comportato, una paurosa quanto culturalmente errata decimazione dei medesimi su tutto il territorio nazionale. È evidente che questa operazione qualora riferita ad istituti specialistici, se non opportunamente bloccata, lederà profondamente l'immagine di predominante autorevolezza artistica che, essi, hanno rappresentato per l'Italia nel mondo. Né può sfuggire agli onorevoli colleghi che, quanto si va a chiedere in materia di dimensionamento, è già previsto per altri istituti specialistici quali ad esempio, l'Istituto nautico. Occorre, infine, sottolineare come i «grandi numeri» non possono appartenere al mondo specifico dell'arte, un mondo palesemente particolare che, per le sue imprescindibili peculiarità, ha trovato in tutti gli Stati europei un giusta attenzione e salvaguardia. Pertanto l'inserimento di corsi coreutici e musicali preferenzialmente negli istituti di arte e nei licei artistici, oltre a raggiungere precisi obiettivi artistici-culturali, nel contempo risponde anche a criteri di opportunità poiché, nell'assicurare il diritto allo studio di queste arti su tutto il territorio, limita anche la spesa pubblica, potendo i discenti usufruire di strutture e di docenti di materie comuni culturali (oggi spesso in posizione di soprannumero) già in servizio presso queste istituzioni. Altrettanto legittima appare la richiesta di prevedere, in queste istituzioni, una dirigenza specifica, sempre in analogia con quanto già avviene per i citati istituti nautici.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge stabilisce le modalità di attivazione dei corsi demandando al Ministro, con proprio decreto, le discipline di insegnamento, i programmi, gli orari, le prove d'esame, l'articolazione delle cattedre, le tipologie dei vari strumenti musicali, nonché l'istituzione di specifiche classi di concorso.
      L'articolo 2 interviene a regolamentare l'accesso del personale nei corsi ad indirizzo musicale di cui all'articolo 1.
      Ritengo, infine, che il testo che si propone sia la giusta risposta alle tante e pressanti richieste di un settore che, pur essendo importantissimo e fondamentale per l'immagine dell'Italia nel mondo, ancora non può dire, dopo anni di attesa, di avere ottenuto dalla Stato italiano un completo riordino dei suoi studi.
      Infine, l'onere derivante dal provvedimento è realmente esiguo se rapportato ad una esigenza che, come sopra detto, già è stata recepita nel resto degli Stati europei e che invece per troppi anni è stata colpevolmente «disattesa» dallo Stato italiano.
 

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